Hospet, 31 gennaio
2003
La serata di ieri che ha suggellato una indimenticabile giornata è stata altrettanto lunga
e piena di discussioni tra i rappresentanti dei contadini del Krrs.
La consapevolezza di aver compiuto un atto liberatorio e di grande responsabilità,
traspare dai loro gesti. Questa gente così amabile dallo sguardo sereno e sorridente è
capace di trasformarsi in pochi attimi in persone dal piglio fiero e duro.
Tra le considerazioni che fanno circa i loro governanti, mi rimangono impresse queste:
corrotti e diavoli! Nonostante che la tensione si stia stemperando, una delle frasi
ricorrenti rimane: "dovrebbero essere loro a commettere il suicidio, non i nostri
poveri contadini...!"
Passata mezzanotte riusciamo ad andare a riposare.
Il mattino inizia presto, per poter visitare alcuni villaggi dove mi dicono siano più
esasperate le condizioni divita della gente.
Tra i sobbalzi del fuoristrada, attraversiamo una zona di antichi templi. Mi pare di aver
capito che questa zona era la "cittadella" della capitale del loro antico regno.
I resti dei palazzi, delle mura e dei templi sono evidentissimi. Poi mi diranno che si
tratta di Hampi, che fu la capitale dell'impero hindu Vijaynagar, fondato nel 1336 e distrutto dai mussulmani nel 1565.
E mi convincono a fermarci per fare un rapido giro. In effetti è uno spettacolo! Vale la
pena ritornare a visitarla come si deve.
Incontriamo molte
comitive di contadini che sulla via del ritorno dopo la manifestazione di ieri, hanno
colto l'occasione per visitare e dimostrare la loro devozione alle varie divinità, che
richiamano quasi sempre gli elementi della natura. Mi accorgo che le mie lacune
riguardanti la loro cultura sono incolmabili...
Il loro attaccamento alla terra è indissolubile dalla religione. Incomincio a capire da
dove gli viene il coraggio per affrontare le difficoltà: dalla fede verso una legge che
va oltre quella scritta dagli uomini. La consapevolezza di far parte di un insieme, di
essere parte della natura, li rende sicuri di se'. Le leggi della natura sono le loro
leggi ed a queste gli uomini si devono adeguare.
Arriviamo intanto al villaggio di Danapura, 'che dobbiamo far salire il coordinatore dei contadini di
questa zona. E' un giovane contadino che mastica un
inglese simile al mio, nel senso che facciamo fatica a capirci, ma nonostante questo
dettaglio (sono molto tolleranti nei miei confronti!) ho modo di scoprire che è anche
diplomato in medicina Ayurvedica!
Si chiama M.M. Virupakshaiak, e quando siamo in casa sua mi fa anche vedere il diploma, insieme ad una pelle di cobra,
che ha trovato nelle vicinanze: lo usa come rimedio per disintossicare gli animali che
rischiano di morire a causa di avvelenamento; oltre a prescriverlo contro l'asma... Gli
chiedo il permesso di scattare alcune foto, ma le donne (moglie e figlie) non sono affatto
contente di farsi riprendere in gruppo: mi vergogno un po' per averglielo chiesto. Ma dopo
scappano ridendo e mi tranquillizzo. Arrivano portandoci alcuni piatti ricolmi di cibo.
Riso, salse varie di tutti i colori, speziate e buonissime. Spero che non mi venga niente.
Non sono mica abituato a questo tipo di cibo. In più il mio medico (e lo ricordo solo
ora) mi aveva detto di fare attenzione a quello che mangio (era riferito all'italia)
perchè il mio fegato è in disordine... Comunque pulisco tutto, sempre rigorosamente
mangiando con le mani (che esperienza formidabile! mi sento un bambino che ne combina
una!) e dopo aver bevuto la solita tazza di thè con il latte, di cui prendo quasi sempre
il bis perchè è ottima, ripartiamo.
Percorrendo strade un po' asfaltate un po' sterrate, arriviamo alle porte di un villaggio
dalle case in mattoni crudi, ricoperte da tetti fatti con fogliame di palma. Su una di
queste noto una donna anziana che ricopre con manciate di sterco di vacca alcuni punti del
tetto. Mi viene in mente che mi raccontavano la ragione per cui considerano sacre le
vacche: anche dal loro sterco traggono un beneficio. E non solo per concimare o metterlo
sui tetti: perfino alcuni antichi rimedi avevano come componente questo prodotto per noi
così poco nobile... magari una volta, penso io: adesso con quello che mangiano rovistando
tra i rifiuti...
I miei pensieri si arrestano con la frenata del fuoristrada che è quasi bloccato dalla
gente di un villaggio che ci viene incontro per darci il benvenuto. Scendendo dalla
macchina mi rendo conto che hanno preparato un'accoglienza in grande stile: la gente si
divide davanti a noi e spuntano 6 o 7 anziani, armati di tamburi che iniziano a suonare a
ritmo sfrenato! Mi spiegano che in tutti i villaggi dell'interno del Karnataka hanno
mantenuto questa tradizione in cui gli ospiti vengono accolti festosamente, al suono dei
tamburi da parte dei più anziani. Sono "tribals" mi spiega Shesa, nel suo
indo-inglese. In corteo, molto festoso - mi vien da ridere a pensare in che situazione mi
trovo - arriviamo sotto un grande albero dove hanno allestito un palco. Beh non è proprio
un palco, mi sembra un "altare" di pietra alto circa 1 metro da terra, con delle
sedie dove ci fanno sedere. Dopo aver spostato a destra e sinistra i tavoli per farci
stare tutti, posizionano un altoparlante anni '30 che tentano di far funzionare, ma
qualcuno ha mandato all'aria il precario collegamento. Si decidono a lasciar perdere,
intanto a voce si sentirà lo stesso. Sono una cinquantina di uomini che hanno deciso di
attenderci per la riunione. E' un'occasione per loro per poter intervenire e parlare di
alcuni problemi: si alternano giovani ed anziani, tutti con una gran voglia di
partecipare, di parlare, con il tono della voce carico di emozione. E' impressionante
vedere uomini di 65/70 anni che incitano i giovani a difendere i propri diritti! Ogni
tanto si sentono dei boati sordi, che provengono dalle alture poco distanti, di fronte a
noi. E' proprio per questo motivo che mi hanno portato qui: si tratta di un problema di
inquinamento dei terreni della vallata provocato dagli scarichi, dagli scarti di
estrazione di una miniera di ferro e manganese data in concessione dal governo ad una
compagnia privata. Durante la stagione delle pioggie, sabbie rossastre scendono a valle
ricoprendo tutto. Una valle che mi dicono fosse fertilissima e ricca di acqua, da cui hanno
sempre attinto per bere, per gli animali, per irrigare, ora è completamente sterile,
asciutta. E' un'area di oltre 40 ettari che interessa oltre 2000 abitanti. Ci incamminiamo col fuoristrada appena terminata la riunione, in direzione del
centro della vallata. Presto ci tocca di chiudere ermeticamente i finestrini : una polvere
finissima, rosso-granata, si infila dappertutto e si appiccica addosso (la sera,
asciugandomi dopo aver fatto la doccia, ho ancora lasciato l'asciugamano completamente
macchiato!). Il terreno su cui testardamente cercano di pascolare capre e bufali alla
ricerca dei pochi fili d'erba rimasti, è completamente inaridito e percorso da crepe
larche un dito. I pochi contadini che sono li intorno a lavorare, vicino alle semplici
capanne con gruppi di bambini che si rincorrono, sono più scuri del solito, sono una
maschera di terra. Penso che quella polvere che hanno addosso difficilmente riusciranno a
togliersela, vista anche la penuria di acqua che c'è. Capisco la rabbia. In sostanza
questo fondovalle che un tempo tratteneva acqua per tutto l'anno, ora deve essere ripulito
costantemente da questa fanghiglia, che i contadini devono asportare ad ogni stagione per
poter far affiorare terreno un po' più utilizzabile per seminarci qualcosa, scavando
buche per trovare l'acqua per irrigare e le bestie. Loro non la bevono più perchè è
cattiva, mi dicono.
E ci credo... Fanno un lavoro disumano!
Nel villaggio gli hanno
costruito dei pozzi che si sono presto rivelati inutilizzabili per via della siccità e
delle falde inquinate. Devono farne di più profondi, ora stanno aspettandone un'altro e
si aggiustano come possono. Non ho capito come, e non voglio infierire oltre, perchè
intanto mi chiedono di partecipare alla loro protesta.
Si stanno preparando a compiere
azioni contro la proprietà della miniera e sono stato invitato a riportare in Italia la
loro richiesta di aiuto, aggregandoci alla protesta, promuovendo un comitato
internazionale di pressione.
"Presto ci accorderemo sul da farsi...!" mi
assicura Mr. Shesa [1].
Intanto, con un gruppo di militanti, ci dirigiamo fuori dal villaggio, per visitare alcune
coltivazioni. E' evidente la mancanza d'acqua, ma nonostante tutto loro sono sofddisfatti
e fieri di quello che fanno. E' l'occasione per farmi vedere cosa coltivano e approfittano
anche per omaggiarmi di un po' di bacche di tamarindo. E finalmente lo tocco con le mani!.
E' una sorta di baccello come i fagioli, o la carruba, e la parte commestibile è appunto
il baccello, molto carnoso, rosso scuro, mentre i semi, neri, non si usano. E' il frutto
di una pianta ad alto fusto, simile ad una quercia, e qui ne hanno molte. Per loro ogni
pianta è un capitale. Dopo aver sorseggiato il succo di alcuni cocco appena staccati
dalle piante, ripartiamo.
Quando arriviamo al villaggio per congedarci, alcuni giovani contadini
mi porgono, con una sorta di imbarazzo dovuto al fatto che non parlano inglese e non sono
certi che io capisca, alcuni biglietti con su scritto i loro nomi in stampatello ed il
nome del loro villaggio: in evidenza la parola "SECURITE". Quando leggo e
capisco, non posso far a meno di far loro sapere, per mezzo della fiera traduzione di
Shesa, che anch'io ho aderito alla loro "Green Brigade", facendo vedere la
sciarpa verde donatami il giorno prima. La loro reazione mi commuove. Non credo di essere
retorico nel dire che per un attimo si sono sentiti meno soli, un po' più forti. Ho
soltanto la sensazione che forse non sarò capace di mantenere la promessa. Ma subito mi
rendo conto che dentro di me qualcosa si è messo in moto. Ho ricevuto una ulteriore
lezione da questa gente che non si vuole arrendere al modello che la mia società gli sta
imponendo. Non posso tradirli, non possiamo continuare a tradirli. Ho dentro di me la
consapevolezza che se ora saremo capaci di aiutarli, forse loro potranno aiutarci in
futuro, in quanto non hanno ancora perso ciò che noi, la nostra generazione, non
ricordiamo neanche di aver mai avuto.
Ripartiamo, scrollandoci polvere e pensieri, tra i saluti e i visi questa volta tristi (o
forse li vedo così, perchè sono triste io...). Tornando verso il luogo dove
trascorreremo la notte, passiamo attraverso un paesino, e subito ne intuisco la differenza
con gli altri. Sembra un paese delle campagne del nostro sud, ma la gente è diversa da
quella incontrata negli altri villaggi. Mi spiegano, quelli del Krrs, che qui non riescono
ad aggregare bene i contadini, in quanto troppo individualisti e poco inclini a battersi
per i diritti della gente. L'assemblea che anche lì si tiene, è numerosa ma poco
"partecipata". Concludiamo rapidamente e mentre lasciamo questo villaggio, è
ormai il tramonto, mi rendo conto che a differenza degli altri posti qui ci sono le
antenne paraboliche per la Tv satellitare. Forse capisco perchè in questo villaggio sono
così diversi.
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