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Nizza 2000

Nizza, allarme rosso
di Susan George */ 3 novembre 2000

Non resta che un mese, per agire contro l’usurpazione della democrazia a Nizza. Noi ci opporremo con tutti i mezzi alla modificazione dell’Articolo 133 del Trattato di Amsterdam. Il commissario europeo per il commercio, Pascal Lamy, e le lobbies delle imprese transnazionali che gli sono accanto hanno oggi una buona speranza di ottenere che la Conferenza inter-governativa che si riunisce a Nizza il 7 e 8 dicembre modifichi l’Articolo 133 del Trattato di Amsterdam. Se così sarà, la lotta contro la globalizzazione neoliberista arretrerà gravemente.

In effetti, il governo francese, fin qui ostile a questa modifica, propone oggi cambiamenti all’Articolo 133, che governa le relazioni tra i paesi membri dell’Unione e la Commissione in materia di commercio internazionale. Questo settore, secondo i termini del Trattato, si basa sulla "responsabilità condivisa" ("mixed competence") tra la Commissione e i governi dei 15 paesi membri, per lo meno in quel che concerne i tre campi cruciali dei servizi, dell’investimento e della proprietà intellettuale. Di fatto, i parlamenti nazionali devono approvare degli accordi su questi settori e i paesi membri possono opporvi il loro veto. Un decreto della Corte di giustizia europea del 1994 garantisce la responsabilità condivisa in questi tre settori, mentre i beni industriali vengono regolati dal regime della "maggioranza qualificata", che concede poteri molto estesi alla Commissione.

Dal mese di luglio il commissario Lamy ha iniziato una campagna per ottenere che il regime della "maggioranza qualificata" si applichi anche ai servizi (tra i quali la sanità, l’educazione, l’audiovisuale, i trasporti, l’ambiente e tutti i servizi pubblici); alla proprietà intellettuale (tra cui gli Organismi geneticamente modificati) e agli investimenti. Lamy ha affermato in settembre, davanti a una commissione parlamentare francese, "che non gli restavano da convincere che la Francia e la Spagna", per ottenere la revisione dell’Articolo 133.

Ebbene, ecco che il governo francese cede alla volontà del commissario "socialista" che esso stesso ha nominato. I testi che propone alla Conferenza inter-governativa di Nizza non suggeriscono nemmeno più che si possa salvaguardare l’Articolo 133 com’è e conservare il potere di veto e di esame degli accordi commerciali futuri da parte dei parlamenti nazionali. I nuovi testi francesi offrono in effetti solo tre "opzioni", che, tutte, allargherebbero i poteri della Commissione e ridurrebbero gravemente lo spazio democratico e di cittadinanza.

Le differenze tra le "opzioni" proposte dalla Francia (presidente di turno dell’Unione, ndt.) si riducono in effetti a punti di dettaglio. L’"opzione" A comporta due varianti: nel primo caso, solo i servizi e la proprietà intellettuale sarebbero soggetti alla maggioranza qualificata; nell’altro gli investimenti vi sarebbero anch’essi sottomessi. In realtà, poco importa la variante, dato che gli investimenti sarebbero soggetti alla maggioranza qualificata in tutti i casi: l’Accordo generale sul commercio dei servizi (Acgs/Gats) protegge gli investimenti degli investitori stranieri sotto la rubrica dei diritti attinenti alla "presenza commerciale".

L’opzione B prevede che i paesi membri potranno modificare l’Articolo 133 a maggioranza qualificata perché esso includa i tre settori attualmente esclusi (servizi, proprietà intellettuale, investimenti). Domanda ai giuristi: la Corte di Giustizia europea afferma che l’Articolo non si applica ai servizi, alla proprietà intellettuale e agli investimenti e che ogni decisione in questi campi esige l’unanimità dei paesi membri. Come è possibile allora votare a maggioranza qualificata per modificare questa disposizione e decretare con un gioco di prestigio che, ormai, l’Articolo 133 si applica puramente e semplicemente a questi campi?

L’opzione C proposta dalla Francia consiste in un protocollo di 8 Articoli contenente 19 paragrafi in totale. Questo protocollo si applicherebbe solo ai negoziati condotti all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). Ma in questo ambito – di gran lunga il più importante per il commercio internazionale – la Commissione avrebbe i suoi pieni poteri non solo sugli accordi riguardanti i servizi, la proprietà intellettuale e gli investimenti, ma su tutti gli altri Accordi (29 in totale). Il mandato della Commissione sarebbe, in tutti questi campi, stabilito a maggioranza qualificata; la Commissione sarebbe più rappresentativa degli stati membri davanti all’Organo di regolazione delle controversie, l’Alta Corte dell’Omc.

Il Commissario Lamy vuole la liberalizzazione del commercio a 360 gradi; le sue ambizioni sono pari a quelle del "Fast track" richiesto dal presidente Clinton e rifiutato dal Congresso nordamericano. Se noi lasciamo fare, la porta sarà aperta a una Commissione totalmente conquistata dalle dottrine neoliberiste e alle esigenze delle grandi imprese industriali e finanziarie. Sarà il regno dell'opacità, della centralizzazione e della disfatta della democrazia. Sotto un tale regime, la Francia non potrebbe più ritirarsi dall’Ami (Accordo multilaterale sugli investimenti, ndt.) e far fallire i negoziati, come ha fatto nel dicembre 1998. Non potrebbe più opporre il suo veto alla Nuova Partnership Transatlantica di sir Leon Brittan, destinata a creare una vasta zona di libero scambio tra l’America del Nord e l’Europa.

Siamo ancora in tempo ad impedire la revisione dell’Articolo 133. Non si deve cedere la sovranità nazionale e accettare la maggioranza qualificata in questo campo, anche se essa può essere desiderabile in altri (la legislazione sociale, ad esempio). Noi conosciamo quale cattivo uso sarebbe fatto dalla Commissione di questa nuova libertà. I nostri governi non devono abdicare: noi ci mobiliteremo, con i cittadini di altri paesi europei, perché la Francia non ceda a Nizza (numerose organizzazioni hanno organizzato manifestazioni il 6 e 7 dicembre e un controvertice al 6 all’8)

* Presidente dell’Osservatorio sulla mondializzazione, vicepresidente di Attac

Traduzione a cura di Carta