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Comunicato stampa
Genova, 4 luglio 2001
Reti e ONG italiane presentano un documento in 7 punti e la Genoa Declaration

"Noi non rifiutiamo il conflitto. Il conflitto è l'altra faccia della complessità. Quando i conflitti emergono e non vengono negati viene alla luce anche il fatto che siamo interdipendenti. Bisogna però stabilire le regole del gioco in cui sia possibile gestire i conflitti, a cominciare dal riconoscere pari dignità all'avversario. Ancora oggi, i poteri nazionali e transnazionali non rispettano le regole democratiche e non riconoscono la qualità di interlocutori a pari dignità ai movimenti della società civile. E' per questo che donne e uomini scendono in piazza. Scendono in piazza anche praticando forme di lotta proprie della tradizione nonviolenta, quali la disobbedienza civile, che esprime la protesta radicale ad una legge che si ritiene ingiusta e che rende evidente il proprio rifiuto di un'ingiustizia, fosse pure legalmente perpetrata."

NEL PUBLIC FORUM CHIAMIAMO IL GOVERNO AL CONFRONTO
"FERMIAMO IL G8 CON UN'ASSEMBLEA DEI POPOLI"

Le Organizzazioni Non Governative (ONG) e le Reti italiane - che si riconoscono nel Genoa Social Forum e sono nei network internazionali che si battono per la giustizia sociale e la pace, per la prevalenza dei diritti globali di cittadinanza sulle logiche del profitto - presentano oggi la propria proposta per fermare il G8: 

  • 1) lanciando l'idea di un'Assemblea rappresentativa di tutti i popoli che consenta di rifondare le Nazioni Unite; 
  • 2) illustrando le proprie critiche e proposte su 
    • a) l'annullamento dei nuovi investimenti militari, 
    • b) cancellare il debito dei paesi del Sud del mondo, 
    • c) riconoscere il credito ecologico e sociale dei paesi del Sud del mondo;
    • d) bloccare i nuovi accordi di liberalizzazione del commercio, 
    • e) tassare la transizioni finanziarie a breve termine e i profitti delle imprese, 
    • f) rendere subito operativi gli accordi internazionali sull'ambiente (quali i protocolli di Kyoto e sulla Biodiversità), 
    • g) gli interessi dei cittadini prevalgano su quelli delle imprese; 
  • 3) consegnando ai media la Genoa Declaration for the global rights (che sarà tradotta in 3 lingue), quale espressione dell'elaborazione critica al pensiero unico neoliberista; 
  • 4) descrivendo le proprie modalità nonviolente di assedio alla cittadella degli otto grandi. Raffaella Bolini, responsabile Internazionale dell'ARCI, Alessandro Coppola, presidente dell'Unione degli Studenti, Chiara Malagoli, per la segreteria nazionale di Rete Lilliput, Francesca Pisapia, pubbliche relazioni di Medici senza frontiere, Claudia Sala della Lila hanno rappresentato ARCI, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza/CNCA, Fondazione Rosa Luxemburg, ICS, Legambiente, Lila, Marea- rivista femminista, Medici Senza Frontiere, Rete ControG8, Rete Lilliput (Aifo, Assobotteghe, Beati Costruttori di Pace, Bilanci di Giustizia, Campagna chiama l'Africa, Campagna dire mai al MAI, Campagna globalizza-azione dei popoli, Campagna Sdebitarsi, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, CoCoRiCò, CTM Altromercato, Mani Tese, Nigrizia, Pax Christi, Rete Radié Resch, Riforma della Banca Mondiale, WWF), Tavola della Pace, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, UISP.

Noi rivendichiamo la necessità di fermare il G8 per cominciare a costruire un'Assemblea davvero rappresentativa di tutti i popoli. 

Per questo noi chiediamo di rifondare le Nazioni Unite. 
Vogliano un'ONU dove non esista più il diritto di veto e cessi la sudditanza verso gli Stati Uniti e la NATO. 
Rifiutiamo un'ONU consegnata alle multinazionali come propone Kofi Annan. 
Vogliamo che si recuperi lo spirito originario delle nazioni e delle genti unite per la pace e la giustizia globale. 
Noi chiediamo al nostro Paese un cambiamento radicale dei rapporti internazionali, che prenda atto sino in fondo della forbice sempre più ampia tra Nord e Sud del mondo, tra poveri e ricchi. 
Non possiamo più accettare ciò che anche il nostro Governo propone: l'affrontare i problemi della povertà sulla base della beneficenza, i grandi annunci seguiti da pochi fatti (come le dichiarazioni spettacolari di cancellazione del debito, le iniziative ora bloccate per combattere i paradisi fiscali, ecc.), la delega in bianco alle multinazionali sulle emissioni di gas serra, sulla rapina della biodiversità, sui brevetti e sul costo dei farmaci salvavita per contrastare iul virus Hiv, cui viene chiesta come contropartita un miserabile obolo per la ricerca sull'AIDS", commentano i rappresentanti delle Reti e ONG italiane.
"Noi - continuano - oltre che sulle manifestazioni di piazza puntiamo sul Public Forum (dal 15 al 22 luglio) dove chiamiamo il Governo a confrontarsi. 

Noi vogliamo una libera discussione e chiediamo di : 

  • 1) porre fine a nuovi investimenti in sistemi militari (v. progetto scudo stellare), nella produzione e nel commercio delle armi il cui sviluppo è inaccettabile mentre miliardi di persone non riescono ancora ad avere una vita dignitosa; 
  • 2) Annullare subito tutto il debito dei paesi del Sud che non solo è ingiusto ed obbliga i poveri a pagare migliaia di miliardi ai ricchi ma strangola i paesi poveri obbligandoli a svendere sul mercato internazionale i propri lavoratori e le proprie risorse, 
  • 3) il riconoscimento del credito ecologico e sociale accumulato nei secoli dai Paesi del Sud del mondo per la rapina perptetrata dai paesi più ricchi; 
  • 4) bloccare nuovi accordi internazionali sulla liberalizzazione del commercio, e di riverdere quelli già ratificati dal WTO che hanno inciso pesantemente sull'ambiente, sul benessere e la salute delle persone; 
  • 5) tassare le speculazioni finanziarie a breve termine ed i profitti delle grandi imprese costituendo fondi destinati dapprima a far fronte alle emergenze della fame e delle grandi malattie e poi all'autosviluppo dei popoli e delle comunità locali; 
  • 6) far rispettare subito agli stati che alle imprese precise regole e protocolli internazionali per il mantenimento degli equilibri ambientali del nostro pianeta (vedi il protocollo di Kyoto o la convezione sulla biodiversità, la necessità di arrestare la diffusione in natura di organismi geneticamente modificati) 
  • 7) avviare una nuova logica internazionale in cui gli interessi dell'economia e del commercio siano sottoposti agli interessi ed ai diritti degli esseri umani e non viceversa".

Come si legge nella "Genoa declaration for the global rights", per le Reti e le ONG italiane: "La grande scommessa di questa nuova epoca che l'umanità sta vivendo è nella ricostruzione della casa comune - la Terra - perché in essa vi sia posto per tutti e per tutte. Sentiamo la necessità di una nuova etica che sia caratterizzata dalla sostenibilità per poter alimentare un nuovo sogno di civiltà in cui la specie umana abbia appieno la coscienza del proprio comune destino e sappia rinnovare l'aspirazione a istituzioni democratiche, trasparenti e partecipate. Chiediamo una politica che si ispiri ai principi di equità e giustizia sociale. Abbiamo bisogno di un governo globale che sappia riconoscere e valorizzare e integrare la diversità di identità e culture locali e che non adotti logiche di guerra e politiche di esclusione e marginalizzazione, che ancora pervadono consessi come il G8."
Proprio perché si rifiuta la logica finalistica del dominio e del controllo che esprime disprezzo per l'umanità e per l forme di vita sulla terra le Reti e le ONG italiane che aderiscono al Genoa Social Forum, riconoscendosi nel Patto di lavoro fondativo e nella dichiarazione del 5 giugno sulle manifestazioni pacifiche e non violente, ritengono, come si legge nella Genoa Declaration "intollerabile la manifestazione di potere e di potenza di cui saranno attori i G8 nei giorni del Summit del 20-22 luglio 2001 (.)", perché trovano "che il palcoscenico dei G8, come le altre messe in scena dei poteri (Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio), rispondano a una liturgia che ripropone con insistente grigiore nelle stesse modalità di svolgimento delle riunioni, quelle logiche di esclusione, marginalizzazione, repressione che sono proprie di un modo non più concepibile di esprimere il dominio sul Pianeta e sulle Genti". 

Le Reti e le ONG daranno vita il 20 luglio a manifestazioni di piazza in settori specifici della città che consentiranno l'assedio creativo (di parole, musica, drammatizzazione e disobbedienza civile) e non violento della Zona Rossa e daranno vita alla grandi, pacifiche manifestazioni di massa del 19 e del 21, per mettere la parola fine alle celebrazioni dei G8 che presuppongono, come si legge nella Genoa Declaration, "L'occupazione militare del territorio, l'extraterritorialità (.), la sospensione di autorità delle libertà democratiche e la violazione dei diritti fondamentali dei cittadini (.) La definizione di zone di esclusione, che travalicano le semplici esigenze di ordine pubblico". Interdizione che, come dicono le Reti e le ONG nella Genoa Declaration "viene particolarmente sofferta in un paese come l'Italia, che si è dotato di una Carta Costituzionale che stabilisce solennemente la pari dignità e l'eguaglianza di tutte e di tutti di fronte alla legge, senza alcuna distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali".

Infine Reti e ONG dichiarano: "Noi non rifiutiamo il conflitto. Il conflitto è l'altra faccia della complessità. Quando i conflitti emergono e non vengono negati viene alla luce anche il fatto che siamo interdipendenti. Bisogna però stabilire le regole del gioco in cui sia possibile gestire i conflitti, a cominciare dal riconoscere pari dignità all'avversario. Ancora oggi, i poteri nazionali e transnazionali non rispettano le regole democratiche e non riconoscono la qualità di interlocutori a pari dignità ai movimenti della società civile. E' per questo che donne e uomini scendono in piazza. Scendono in piazza anche praticando forme di lotta proprie della tradizione nonviolenta, quali la disobbedienza civile, che esprime la protesta radicale ad una legge che si ritiene ingiusta e che rende evidente il proprio rifiuto di un'ingiustizia, fosse pure legalmente perpetrata."

 


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